giovedì 21 maggio 2015

L'umorismo in rete e quello senza rete

Esempio becero: a me piace fare battute su internet (come nella vita reale). Su alcune ci rimugino sopra più che su altre e potrei dire che ce ne sono alcune di cui sono “fiero”. Una manciata di persone le vedono e possono farsi una risata o pensare che io sia un cretino. La maggioranza degli italiani non le vedrà mai e non saprà nemmeno che esisto. Ciò non toglie che, anche se scrivessi per qualche realtà consolidata on-line per l’umorismo, non mi considererei mai “comico” o “autore comico”. Non è solo una questione di passione, ma dell’impegno e del tempo che ci dedichi.
 
Ad esempio, qualcuno che fa di professione lo stand-up comedian in America o in Inghilterra, quando non si esibisce, quando non viaggia per arrivare al prossimo pub, locale, teatro, palazzetto o topaia dove si dovrà esibire o quando non fa autopromozione, scrive. Con costanza. Magari non produrrà del materiale fantastico ogni giorno, ma si sforza al meglio delle sue capacità. Quasi niente è improvvisato e ci vuole un sacco di determinazione. E puoi fare questo per anni, senza mai diventare famoso. Ciò non toglie che fai quello che vuoi fare e hai preso una decisione e un impegno mica da ridere. È un lavoro, con tutto ciò che questo comporta. E io ho un grande rispetto per chi sceglie questa professione.

Perciò no, non dico di essere un comico anche se faccio battute.
Ripeto: magari sbaglio io.